Il problema del debito in Italia corrisponde a uno scenario piuttosto recente nella nostra economia in quanto la predisposizione a un continuo e sempre maggiore accesso al credito è diventata di uso comune solamente nelle ultime tre generazioni.
La possibilità di acquistare beni con un prezzo notevolmente superiore alle reali possibilità del soggetto e la tendenza stessa dei commercianti di proporre un bene con aggregato un finanziamento grazie al maggiore guadagno derivante dall’erogazione dello stesso, hanno portato a un cambiamento della percezione del costo del bene da parte del consumatore finale.
Alla base di questo cambiamento c’è una ridotta educazione finanziaria che non permette al consumatore di comprendere il reale costo del credito ma lo fa percepire come una mera dilazione nel tempo, in particolar modo quando la comunicazione pubblicitaria spinge verso il “zero interessi” che non è sinonimo di zero costi.
Questa nuovo atteggiamento del consumatore di valutare il costo del bene sulla base della rata e non del valore assoluto è aggravato dalle numerose possibilità di indebitamento offerto dagli intermediari finanziari. Dove la norma dovrebbe impedire alle finanziarie di erogare credito per un rapporto rata/reddito mensile maggiore del 30%, questo ostacolo è facilmente aggirabile con finanziamenti tramite cessione del quinto, che eroga un massimo del 20% della busta paga e con prestiti delega che erogano un altro massimo 20% della busta paga.
La somma di queste possibilità porta il soggetto a impegnare il 70% della propria busta paga, senza considerare poi strumenti come carte revolving o le possibilità di inserire dei soggetti garanti che ci permettano di superare la soglia finanziabile del 30% del reddito.
Date queste premesse, è consuetudine incontrare clienti che hanno impegni mensili quasi pari al proprio reddito portandoli alla tragica scelta di dover decidere se continuare a rispettare le obbligazioni o provvedere alla sussistenza famigliare.
L’acquisto di beni di valore superiori alle proprie possibilità è solo l’inizio del percorso che porta il consumatore al sovraindebitamento. Infatti, i finanziamenti che vengono richiesti successivamente al superamento della soglia di impegni mensili del 40% non serviranno all’acquisto di altri beni ma andranno a creare un castelletto che servirà a pagare le rate dei precedenti fino all’esaurimento. Questo modus operandi genera costi altissimi a lungo termine portando il consumatore in un circolo vizioso dal quale non riesce più a uscire.
Come emerge dal report “indagine sui bilanci delle famiglie” pubblicato da Banca D’Italia a Luglio 2022 (https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/indagine-famiglie/bil-fam2020/Fascicolo_IBF_2020.pdf) il debito è direttamente proporzionale all’aumento della ricchezza e della stabilità finanziaria delle famiglie. Infatti, questo processo di sovraindebitamento sempre maggiore è stato possibile grazie alla tendenza degli italiani di essere un popolo di grandi risparmiatori e amanti degli investimenti immobiliari (alla fine del 2020 il 77% delle famiglie italiane vive in un’abitazione di proprietà e il 45,6% preferisce il riparmio nel conto corrente rispetto a investimenti in attività finanziarie. Fonte Banca d’Italia) . Proprio grazie a questa solidità di asset, che rischia di essere velocemente erosa, gli intermediari creditizi sono stati rassicurati nella concessione del credito oltre la soglia del buon senso.
Sulla base di queste valutazioni possiamo cancellare almeno due convinzioni di uso comune. La prima che sovraindebitato sia sinonimo di povertà, infatti l’iter stesso che porta al sovraindebitamento del soggetto è negato alle persone che non godono di una buona stabilità finanziaria e la seconda è che il debito sia un problema più diffuso nelle imprese.
Il soggetto impresa è infatti, maggiormente abituato a gestire il debito e conoscere le sue implicazioni, questo lo porta a una minore tendenza all’abuso di tale strumento. Oltre al fatto che i servizi finanziari di erogazione del credito citati precedentemente, quali cessioni del quinto e prestiti delega sono fuori dalle possibilità dell’imprenditore.
Il sovraindebitamento dell’impresa deriva da tutt’altri fattori rispetto a quelli del consumatore e nella maggior parte dei casi non sono conseguenze di un acquisto sconsiderato di beni e servizi ma di una errata valutazione del rischio degli investimenti o di cause terze non direttamente controllabili dall’impresa, vediamo per esempio la recente pandemia Covid-19.
L’andamento e la visione futura
Nel 2020 l’indebitamento impattava nel 28,1 % delle famiglie italiane, crescendo di oltre 3 punti percentuali dal 2016, arrivando a 10 punti percentuali per soggetti fino ai 45 anni (+7% per scopi di consumo e +5% per ristrutturazione e acquisto immobiliare).
Nonostante questi aumenti, la situazione sfocia in difficoltà di sussistenza ancora per un numero ridotto di famiglie italiane che continua a seguire una tendenza al risparmio se pur limitato nei quinti di reddito più poveri. Per evitare che la tendenza al l’indebitamento aumenti con conseguenze tragiche sia per l’individuo che per le ripercussioni sociali che ne derivano è necessario riabilitare ed educare tutti quei soggetti che hanno abusato all’accesso al credito invertendo la tendenza prima che il capitale accumulato e la ricchezza storica delle famiglie italiane venga erosa.
Generazione Zeta e Generazione Alpha
Il cambiamento della mentalità sia in ambito lavorativo che di abitudine agli acquisti che stiamo notando nelle nuove generazioni, ci fa guardare al futuro con ottimismo. Infatti, le nuove generazioni, partendo da un evento negativo di precarietà del lavoro e di conseguenza una minore possibilità di accesso al credito, stanno sviluppando una tendenza positiva all’utilizzo dello “sharing” preferendolo all’acquisto e di conseguenza diminuendo l’esposizione finanziaria nel suo valore assoluto. Questo potrebbe portare a una maggiore flessibilità nell’intervenire quando il consumatore è in difficoltà economiche e una maggiore facilità nel rimediare.